Test: Leofoto. Treppiede LN-364C, testa a sfera LH-55

Il cavalletto è da sempre, sia per gli appassionati di fotografia che per i professionisti, un “accessorio” indispensabile. Non si trova un contesto fotografico in cui non sia utilizzato, resta ancora assolutamente indispensabile per chi scatta foto notturne, per chi ama le lunghissime esposizioni con i filtri, per chi utilizza obbiettivi pesanti e di grandi dimensioni per fotografia faunistica, per chi fa foto d’interni e per chi scatta in modalità HDR. Insomma non c’è fotografo che possa pensare di farne a meno.

Leofoto LN-364C

Quando le esigenze in termini di qualità e solidità si uniscono alla necessità di viaggiare leggeri, con il minimo ingombro possibile, dando un occhio di riguardo anche al portafogli, si cade ben presto nel dilemma di dover scegliere fra una miriade di prodotti di marchi più o meno conosciuti. La difficoltà maggiore è riuscire a trovare il giusto compromesso.

Cercavo un cavalletto in carbonio il più possibile solido che potesse sostituire il mio Manfrotto 055PROB con testa idrostatica 468mgrc4. Non mi interessava risparmiare del peso o dell’ingombro, il focus principale era la stabilità. Per questo motivo ho da subito scartato i cavalletti con colonna centrale. In 10 anni di 055prob non ricordo personalmente una sola occasione in cui io abbia scattato in ambiente aperto con la colonna centrale estesa.

In termini di peso solitamente utilizzo un carico massimo che supera di poco i 5kg. In termini invece di resistenza alle vibrazioni necessito di assoluta stabilità visto che amo le fotografie con lunghissime esposizioni.

Si può pensare, in via del tutto teorica, che una volta che le vibrazioni introdotte dalla pressione del tasto di scatto si siano smorzate (tra l’altro evitabili con utilizzo di un telecomando o di un ritardo automatico di scatto), in assenza di fattori esterni, non si possano creare ulteriori vibrazioni che portino a problemi di mosso o micro mosso. I principali inconvenienti sono il vento e la possibilità che il cavalletto si possa spostare mentre l’esposizione è in atto in conseguenza di uno scivolamento dei piedini a contatto con il terreno, oppure a causa di un urto accidentale con un corpo esterno come ad esempio un ramo d’albero che si muove o una mano o un piede vostri o di un vostro amico che inavvertitamente sfiora una delle gambe. Durante le uscite fotografiche notturne questo è un evento non così improbabile.

Quando poi il terreno sopra il quale vi trovate è coperto da erba alta, fogliame bagnato, sabbia, neve fresca o ghiaccio e magari non è perfettamente in piano, è molto facile che il cavalletto si sposti durante una lunga esposizione. Bastano pochi millimetri per avere un conseguente spostamento notevole d’inquadratura e ritrovarsi così con una fotografia inutilizzabile.

Leofoto LN-364C LH-55 by Guerrini StefanoLa caratteristica fondamentale di un cavalletto è quindi la sua capacità di resistere alle vibrazioni e allo stesso tempo la capacità di smorzarle e di riuscire ad avere un solido e inamovibile appoggio a terra. Più il cavalletto è rigido e caricato bene e meno la vostra fotografia sarà soggetta a problemi.

In termini di materiali costruttivi, senza entrare in tecnicismi, la scelta ricade sull’alluminio o sulla fibra di carbonio. Fra i due il primo è un materiale relativamente economico, ma pesante e con minore rigidità. La fibra di carbonio invece è un materiale composito con caratteristiche superiori, ma anche con alcune ombre: il costo e la fragilità.

Se infatti, peso e rigidità sono a livelli di gran lunga superiori rispetto all’alluminio, i costi di produzione della fibra di carbonio e il fatto che commercialmente ha ancora un posizionamento quasi di nicchia, portano a prezzi di vendita che possono essere anche tripli rispetto ad un equivalente prodotto in alluminio. I problemi di fragilità riscontrati con i primi cavalletti in carbonio, soprattutto se utilizzati a basse temperature e in condizioni estreme, sono ormai problemi ridotti se non del tutto superati per la maggior parte dei costruttori con l’introduzione di nuove tipologie di fibre e di meccanismi di serraggio delle sezioni.

Leofoto è un marchio di origine cinese che non è ancora noto al mercato di massa italiano ed europeo, a parte per una piccola nicchia di appassionati del settore. Realizza cavalletti utilizzando i tubolari di uno dei maggiori produttori di fibra di carbonio a livello mondiale: Toray. Se possedete un cavalletto in fibra di carbonio è molto probabile che le sue gambe siano state prodotte da questa multinazionale giapponese. Toray chiama la tipologia di fibra di carbonio utilizzata per i cavalletti Leofoto con il nome di Torayca, certificandola come fibra a 10 strati. In sostanza il loro processo produttivo prevede l’unione di 10 differenti strati dove le fibre vengono intrecciate strato su strato in maniera da avere il massimo risultato in termini di rigidità e resistenza alla flessione. Tubolari-Leofoto-LN-364C-con-descrizione-by-Guerrini-StefanoPer avere un metro di paragone Gitzo per la propria linea Systematic di seconda generazione (seconda versione) utilizzava fino a pochi anni fa una fibra di carbonio a 6 strati.

Tutte le parti non in carbonio sono invece costruite con alluminio anodizzato di grado aeronautico ricavate da lavorazioni di macchine a controllo numerico di alta precisione (CNC). Nello specifico: la piastra superiore principale e quella circolare rimovibile, le sedi dei tubolari delle gambe agganciate alla piastra principale, i meccanismi di sicurezza/blocco dell’apertura delle gambe, le zone di rinforzo dei sistemi di chiusura a vite delle varie sezioni di ogni gamba.

I prodotti Leofoto che ho avuto modo di toccare con mano e di testare sono il cavalletto LN-364C e la testa a sfera LH-55.

ln-364c-aperto-rid

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